La Missione Archeologica in Egitto del DiSPuTer, diretta dalla prof.ssa Oliva Menozzi, sulle pagine de "Il Giornale dell'Arte" di aprile 2020

Nero di Tebe: A Luxor l’Università di Chieti opera con egittologi e restauratori egiziani, argentini e tedeschi nello scavo della tomba di Neferhotep, fonte straordinaria di pitture e di stratificazioni
Il mensile Il Giornale dell’Arte, n. 407-aprile 2020, ha dedicato un articolo (pp. 30-32) di Giulia Castelli Gattinara alle ricerche e scavi della tomba di Neferhotep.
A Luxor nella necropoli dei Nobili, tra la valle dei Re e il tempio di Hatshepsut opera la missione archeologica dell’Università di Chieti, coordinata dalla prof.ssa Oliva Menozzi docente del DiSPuTer di Archeologia Classica. Oggetto delle ricerche è il complesso funerario di Neferhotep, la cosiddetta TT49 (acronimo di Tomba Tebana n. 49): «Ciò che rende speciale questa tomba, spiega Menozzi, è il palinsesto di culture e fasi storiche che si susseguono in un arco di tempo che va dalla XVIII dinastia (1300 a.C. ca) all’epoca tolemaica, e più oltre al periodo copto. Con il riutilizzo degli stessi ambienti e la loro trasformazione secondo le necessità del momento».
Una documentazione unica, che consente di identificare le pratiche sociali con cui l’élite tebana affrontava il tema della morte a partire dall’Antico Regno. Gli archeologi italiani hanno liberato sale, pozzi funerari e sepolture portando alla luce un ricco bagaglio di informazioni: «La camera funeraria (TT362) è di epoca ramesside. Il soffitto stellato è da restaurare, ma si riconosce il disegno della barca funeraria, la preparazione della mummia con il dio Anubi e il trasporto del sarcofago. Poi nel Terzo Periodo Intermedio hanno scavato un pozzo e aggiunto una figura maschile, un nubiano che fa il saluto al sole». Tutte le fasi storiche sono rigorosamente documentate in 3D.
Gli archeologi, in accordo con le autorità egiziane, sperano presto di aprire la tomba al pubblico illustrando questa lunga storia grazie alla tecnologia 3D, con un viaggio virtuale che sarà molto suggestivo.
Il team di Chieti è uno dei tre componenti, insieme all’équipe tedesca di restauratori guidati dall’archeologa Christine Verbeek, di un progetto internazionale diretto dall’egittologa argentina Maria Violeta Pereyra, che si occupa dell’esegesi delle pitture della cappella funeraria principale (TT49) affiancata da Antonio Brancaglion, egittologo, curatore della sezione egizia del Museo Nazionale di Rio de Janeiro, tristemente noto per l’incendio del 2018 che ne ha devastato la collezione.